Era da un po’ che non leggevo un libro tutto in un giorno. L'avevo iniziato ieri, poche pagine, quelle che avevo sbirciato già in una libreria di Formia. Dovevo leggerlo, me lo sentivo. Così ho abbandonato i tre che sto leggendo in contemporanea, e mi ci sono buttato dentro, a questo libro. Non dirò nulla sui fatti. Odio spoilerare, anche quando sono velati. E il fatto che volessi leggerlo era proprio per evitare di sapere, nel frattempo.
È più forte di me, ma a me i libri scritti così mi piacciono assai. Sarò poco sapienzale, per niente esigente, se non nel come me la racconti. Così. Uno prende una storia, la srotola in delle pagine bianche, dove tutto prende vita pagina dopo pagina, e si illuminano le scene, la città, le case, i caratteri dei personaggi, la loro luce negli occhi. Se poi è anche un memoir, mi importa poco, ciò che desidero è vederli ‘sti personaggi! Devono sbucare fuori da quelle righe. E sentire quel dolore uscire dalla pagina, per farlo entrare nella mia camera e restarci per un po’. Poi passa, mannaggia. La qualità del ricordo si perde… così mi metto a scriverci su, per trattenerlo, per fiutarlo ancora per qualche ora. Contemplarlo, con il libro tra le lenzuola, e capire, provare a capirlo mettendolo accanto al mio, di dolore materno. Anche se nato in un altro paese, in un altro contesto sociale, c'è e gli somiglia come il mare si somiglia un po’ ovunque, una volta immersi, in apnea, o con le braccia a cagnolino a filo d'acqua. Quello è, basta saperlo raccontare nella sua declinazione giusta.
Suona il citofono, c'è un uomo smilzo sullo schermo del videocitofono: controllo fiscale! Sono in malattia. Mi impanico e ficco il cellulare a mo’ di segnalibro. Esplico la prassi, il medico la sua. Ritorno sul libro. Leggo un altro capitolo. Manca l'ultimo. Suona di nuovo il citofono. Raccomandata. Agenzia delle entrate, cartella di mille euro del 2014. Rientro abbacinato dalla luce di fuori, accecato, saluto mio figlio appena sveglio, e mi metto a preparare la pasta, ma non gli dico niente. Ometto, per non caricargli altra ansia sulle spalle. Mangiamo con gusto i tonnarelli al pesto di tonno. Penso all'ultimo capitolo, e mastico sento quel po’ di limone che ho aggiunto alla fine. Penso alla morte della madre di un suo amico, che mi ha detto ieri. Gli ho mandato un messaggio a F. , mi fa il figlio, intristito, nonostante quei tonnarelli squisiti che mastica contento.
Salgo in camera, accendo il ventilatore, tiro su la serranda, e leggo l'ultimo capitolo da dentro la stanza con le serrande abbassate dei Parioli… Vedo tutto. Sento tutto. Non piango, ma resto a guardare la ventola che asciuga ogni altro sentimento inutile rimasto nell'aria. Catturo quello dell'amore, me lo tengo stretto al petto.
Alla fine della lettura resta la vita che ricorda la morte, no, per dirla tutta, ricorda frangenti di vita immortale su quelle ultime pagine di carta.
Alla fine, rateizzo il debito online, e torno a contemplare il sentimento racchiuso dentro a Da parte di madre. E forse piangerò.
Federica De Paolis
Da parte di madre
Feltrinelli Editore