Ha scritto un messaggio: giovedì vieni a vedermi a teatro. Giovedì è arrivato e io, con il completo di lino per le occasioni, me ne sto seduto sulla poltroncina che dà sul cortile, a pensare. Ma perché mi ha invitato al suo spettacolo? Sono dieci anni che non ti vedo, né ti sento, e tu mi mandi un messaggio audio, con questo invito all'improvviso? Vieni a vedermi a teatro. Come se io aspettavo questo invito, e ogni giorno mi dicevo: ao’, ma quando mi invita Luigi al suo spettacolo? Sono dieci anni che non ci sentiamo, e te ne esci così? Sei sempre stato un disastro come amico, Luigi mio. E adesso ti sei messo pure a fare il teatrante. Il drammaturgo, oh! non ci provare a prenderlo per il culo. Tieni a bada l'invidia, fallito che non sei altro.
Scritto e diretto da Luigi Valosci. Eccolo il suo bel nome tondo sulla locandina, con una faccia di donna in primo piano che pare stia lì lì per sbottare in un pianto. Scritto e diretto. E perché non lo interpreti pure? Ah, perché non sei mica Nanni Moretti, tu. Scritto e diretto. Al corso di scrittura eri un lecchino, un copione, poi sei scomparso appresso a quella polacca smagrita con la faccia sempre allucinata. Scritto e diretto. Eppure non sapevi chi fosse Natalia Ginzburg, e di Carver sapevi solo ripetere a pappagallo: minimalista, scrittore minimalista. Adesso sul tuo profilo Instagram elogi il racconto Cattedrale: una scrittura asciutta, non priva di pathos domestico. Così c'è scritto sotto la foto dello scrittore accigliato. Scritto e diretto. Avevi una voce asciutta nell'audio lunghissimo che mi hai inviato. No, mica come il serafico pasticcere di Carver. Fatti percula Lui’, mo’ che hai scritto e diretto, me lo posso permettere, su. Mi sei sembrato invecchiato bene, con quelle parole levigate piene di aria buona tra quelle frasi baritonali. Mi hai fatto venire voglia di riascoltare il tuo audio, guarda. Una volta eri precipitoso, sempre frettoloso, come quei fidanzati focosi che vengono subito: arrivavi sempre alla fine della frase col fiatone. Adesso sembri Filippo Timi, al telefono.
Cosa hai fatto in questi dieci anni? Ti sarai sposato, per caso? No, no, lo escludo, sennò mica potevi scrivere e dirigere uno spettacolo. Scritto e diretto. Invece, avresti scritto anche tu: padre di due figli, sposato. Sarai in quei giri di persone saccenti per giunta età, dove ogni serata è un'avventura, e le femmine sono soltanto sguardi languidi e tacchi a spillo con le gambe accavallate su divani soffici. Oppure starai tra gli eterni aspiranti scrittori che guerreggiano su terrazze di possibilità. Boh. Magari invece ce l'hai fatta a diventare bisessuale, ché stavi sempre a fare il verso a David Bowie: quello ci ha capito tutto, dicevi. E mentre lo dicevi, pareva che avessi frenato davanti a un tir.
Stasera mi tocca venire. Mi hai già mandato il biglietto via mail, con un front da olivetti 32: caro, non mancare, ci sarà una sorpresa per te. Eccolo il vigliacco. Mi avrà sputtanato. Chissà cosa si è inventato sul mio conto, cosa avrà rubato dalla mia vita, trasfigurandomi come un povero cristo dentro a un testo consolatorio. Stava sempre a impicciarsi della mia adolescenza disastrata. Hai fatto due occhi a fanale quando ti ho raccontato della volta che quei ragazzacci mi legarono a un albero e cacato accanto. Ci rimasi tutto un pomeriggio d’afa legato a quell'albero di merda. Poverino, dicevano i tuoi occhi famelici. Da allora ogni volta mi chiedevi: raccontami un altro pezzo della tua storia. E poi scrivevi. Così dicevi: raccolgo il dolore è provo a trasformarlo in letteratura. Avrai scritto pure della povera Fiorella. Ricordo il tuo pianto quando raccontò delle molestie subite dallo zio in campagna, in quella serata in montagna intorno a un falò: liberiamoci raccontando l’indicibile. Sotto al buio di quei faggi sembravi un presentatore morboso della vita in diretta, Luigi nostro che togli i peccati del mondo.
Hai fatto una macedonia dei guai nostri e ora ce la servi su un palco di velluto? Scritto e diretto. Ma finiscila, Luigi, chi ti credi di essere? Non sappiamo nulla di te, ti sei sempre tirato fuori a un millimetro dalla confessione: ci facevi immaginare il tuo gorgo, ma poi ci cadevamo dentro solo noi.
Eppure.
Magari.
Sei cambiato.
Sei migliorato.
Chissà.
Scendo. Prendo il tram e vengo a vedere il tuo spettacolo.
Continua…